Libro VIII del De re Coquinaria di Apicio

Cari amici di ArkeoGustus siamo quasi in dirittura d’arrivo nella sfida tra Apicio e la riproduzione, sebbene in chiave moderna, delle ricette del De Re Coquinaria. I libri sono 10 ma noi abbiamo preparato e parlato di una ricetta per ogni volume.

E’ il turno dell’ottavo libro nel quale sono menzionate delle ricette esclusivamente carnivore. L’elenco degli animali utilizzati è davvero notevole, sono tutti quadrupedi e tutti ben conditi. Sebbene mi piacerebbe riprodurre almeno un paio di queste ricette, mi sono soffermata su un animale che ormai non è possibile più mangiare: il ghiro.

La ricetta in questione è la numero nove ed è alla fine del nostro libro ottavo. Ma chi ce la farebbe, oggi, a mangiare un esserino così carino?

Eppure ci fu un momento di assoluta follia nel 2010, quando i cacciatori si svegliarono e decisero di cacciarlo forse per la sua carne, dicono, dolce e succulenta.

Trimalcione la consumava durante le sue opulente cene, tant’è che l’animale veniva servito tra gli antipasti.

Plinio e Varrone, due autori antichi, ci informano che i ghiri potevano essere allevati in recinti circondati da muretti oppure in orci di terracotta e nutriti con noci, castagne, nocciole e miele in modo da accelerarne e forzarne l’ingrassamento. E’ un animale indifeso, va in letargo e si muove di notte ma basta una luce forte per bloccarlo sul posto.

Non mi piace parlarne ma è un argomento davvero poco trattato in cucina (per fortuna), i ghiri furono considerati particolarmente prelibati, come viene confermato da M. V.Marziale (40-104 d. C.) negli “Epigrammi” (III, 58). In questo brano il poeta pone a confronto la vita sfarzosa che si svolge nelle ville suburbane nei pressi di Roma con quella semplice delle case di campagna di Baia. Nel corso della descrizione, il poeta si sofferma a narrare l’insolita tradizione dei contadini di offrire ghiri insieme ad altri prodotti della zona rurale in segno di saluto e di rispetto agli abitanti vicini.

In questa ricetta, i ghiri sono serviti con raffinate salse contenenti pesce e spezie (pepe tritato, pinoli e laserpicium), e ripieni di carne di maiale e di interiora di ghiri:

Glires: isicio porcino,item pulpis ex omni membro gliriumtrito, cum pipere, nucleis, lasere, liqua-mine farcies glires, et sutos in tegulapositos mittes in furnum aut farsos in cli-bano coques

[Riempi i ghiri con salsicce di maiale e con altro membro dello stesso ghiro; con pepe, pinoli, laser,salsa. Cucili e mettili in forno in una casseruola o cuocili in un tegame].

Si utilizzavano le mattonelle come piatto da inserire nei forni per rendere omogenea la cottura.

Oltre alle fonti storiche e letterarie riguardanti l’uso alimentare dei ghiri in epoca Romana, molte sono anche le testimonianze che provengono dagli studi e dalle ricerche archeozoologiche. A tal proposito, interessante risulta il rinvenimento di 40 frammenti di ossa di Myoxus glis nella tenuta della villa romana di Settefinestre,la cui datazione sembra risalire al II-III secolo d. C.

Non voglio lasciarvi senza una ricettina da poter riprodurre anche a casa e allora ho deciso di regalarvi questa chicca da utilizzare su tutte le carni lesse.

Ius in elixam omnem: Salsa per tutti i lessi di Apicio

INGREDIENTI:

pepe, prezzemolo (levistico), origano (ruta, silfio), cipolla secca, vino, mosto cotto, miele, aceto, olio.

Tritare finemente tutti gli aromi e mescolarli insieme agli altri ingredienti. Cospargere la salsa sulla carne lessata, dopo averla fatta sgocciolare e asciugare su di un panno. Non ci sono dosi ne eventuali cotture della salsa ma in base alla quantità della carne dovreste cavarvela molto bene. Somiglia alla salsa verde moderna quindi direi di tenerla come punto di riferimento.

Noi ci rileggiamo con Apicio venerdì prossimo per la ricetta al Libro IX del De Re Coquinaria. Sarà una video ricetta? Vedremo.

Dott.ssa Claudia Fanciullo

Bibliografia

G. Colonnelli, “Uso alimentare dei ghiri (Famiglia Myoxidae)nella storia antica e contemporanea

G. Gentilini, “I cibi di Roma imperiale”, 2004, ed. Medusa.

A. Ferrari, “La cucina degli dèi“, 2015, ed. Blu.

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