Archeologia del pane: le macine

Quella che vedete in copertina è la macina del Panificio di Popidio Prisco a Pompei, fedelmente conservata e che ci racconta un’abitudine nella lavorazione delle farine utilizzate per panificare. Dalla preistoria all’età di Lucrezio, la produzione di farina avveniva schiacciando i semi tra due pietre levigate, con l’ausilio della sola forza muscolare o di animali. La storia però ci racconta che i mulini da farina furono introdotti in Italia nel corso del II sec.a.C e Catone, nel De Agricoltura XI, 4, affermava che una fattoria di tutto rispetto dovesse inevitabilmente possedere almeno<<… tre mulini manovrati da asini ed un mulino a mano>> come dotazione. In effetti questo fu l’equipaggiamento di base dei mugnai romani.

macina-pietra-manuale, Museo Archeologico di Napoli

La macina antica era costituita da due parti, una fissa, chiamata meta e una mobile detta catillus a forma di clessidra. Poi si presentava sulla sommità della meta, una struttura dentata in ferro che sorreggendo il catillus ne permetteva la rotazione assicurando lo spazio che permetteva al frumento di trasformarsi in macinato. Ovviamente la macina roteava grazie alle travi legnee dette klopai. La meta poggiava su una zoccolatura e per azionarla era necessario un numero di schiavi o animali che, grazie al loro duro lavoro, permettevano che il grano macinato cadesse alla base.

Sezione del mulino a clessidra (Deyer, Pompeii, London, 1868, p. 356

La pietra utilizzata era quella lavica vesuviana, la migliore in commercio, anche se spesso si richiedeva quella delle isole greche. Le fonti antiche ci parlano molto bene della pietra vesuviana e lo stesso Ovidio nei Fasti VI, 318 così come Varrone nel De re rustica I, 55 che ci raccontano proprio che la qualità alta della pietra adoperata evitava che questa si sgretolasse a causa dell’utilizzo finendo per essere miscelata con la farina prodotta e provocando incidenti come la rottura di ingranaggi ma soprattutto di denti.

I molti relitti di epoca repubblicana e imperiale hanno permesso di rinvenire delle macine e questo attesterebbe una richiesta su larga scala. Nello specifico del Panificio di Popidio a Pompei sono stati rinvenuti ben cinque macine proprio all’interno del luogo di lavoro perché la produzione e la lavorazione erano parte dello stesso processo di lavorazione. Nel grande forno posto al centro dell’edificio era cotto il pane la cui vendita avveniva abitualmente sul posto in un piccolo ambiente con bancone ma in questo panificio il bancone è assente perché probabilmente il pane era prodotto o su commissione o all’ingrosso.

Esistevano anche casi in cui queste strutture utilizzate per le farine e la produzione di pane potevano avere anche una valenza simbolica. E’ il caso di uno scavo portato avanti dall’Archaeology Oxford che nel 2018 ha portato alla luce una serie di macine tra le quali una con un simbolo fallico. Sembrerebbe essere una scoperta quasi unica ma simbolicamente filologica in quanto la forma fallica era emblema di fortuna. <<Essendo uno dei soli quattro esempi conosciuti di macine romano-britanniche decorate in questo modo, la macina A14 è un ritrovamento molto significativo>>, ha affermato Ruth Shaffrey, specialista in pietra lavorata presso Oxford Archaeology South . <<Offre approfondimenti sull’importanza del mulino per la comunità locale e sulle proprietà protettive conferite alla macina e ai suoi prodotti (la farina) dalla raffigurazione di un fallo sulla sua superficie superiore>>.

Tornando ai panifici, questi si servivano di almeno una macina per fare la farina e quelli che ne erano sprovvisti partecipavano alla catena produttiva dallo stadio successivo alla macinazione del grano. Fondamentale è risultato lo studio dei punti di usura delle macine che è servito a studiarne le manovre e il loro funzionamento nonché dei marchi di fabbrica che molto ci raccontano dell’aspetto socio economico di quel periodo.

Quindi non solo macine ma “motori” economici e di sostentamento sociale. Con la farina ricavata veniva prodotto il pane che, nel II secolo a.C. era diventato già di uso generale.
Le panetterie avevano oltre alle macine, un ambiente per la preparazione dell’impasto, il forno per la cottura e un locale per la vendita del prodotto finito. Questo però ne parleremo in un altro approfondimento.

Dott.ssa Claudia Fanciullo