
Pensare che la nostra cucina sia all’avanguardia rispetto a quella del passato può far confondere in merito alla realtà dei fatti. Partendo da questo punto e seguendo le testimonianze antiche e materiali è possibile confutare in parte questa teoria perché, in fin dei conti, la nostra idea di cucina non è dissimile da quella che avremmo potuto trovare nella Roma antica.
Partendo dall’idea di pasto sfarzoso, che poteva essere un’abitudine per il ceto medio alto, in realtà questo non erano comune: in epoca repubblicana i Romani non erano ghiottoni anzi, salvo eccezioni, risultavano morigerati per buon costume. I pasti erano infatti 3: jentaculum, prandium e caena ma mentre per l’ultima era riservata un’attenzione maggiore, per le altre due erano pasti rimediati o molto semplici.
Le portate della cena o caena erano sette e a volte si impiegavano troppe ore per consumare un intero banchetto. Spesso e volentieri arrivavano portate che apparivano tutto il contrario di quello che erano perché si pensava che mangiare nascondendo il gusto naturale degli ingredienti fosse meglio che fare come facciamo noi. Probabilmente questo atteggiamento era dovuto a molte cattive conservazioni. E allora ci tocca indagare su come fosse una vera cucina romana.
Cominciamo col dire che il pentolame è rimasto invariato fino ad oggi tranne che per il materiale di cui è composto quello moderno. C’erano i recipienti adatti alla cottura, chiamati vasi coquinatoria, fatti di argilla grossolana; i vasi escaria dove si beveva e mangiava; i vasi potoria che servivano per portare in tavola gli alimenti cucinati. Le forme delle pentole e delle padelle di cottura erano diverse a partire dall’ olla, una pentola panciuta da utilizzare direttamente sul fuoco oppure appesa ad un gancio sul fuoco ed era usata per cuocere carne e verdure; il paiolo, in metallo, più grande dell’olla per cuocere alimenti misti; le casseruole ed i tegami bassi che si utilizzavano anche per le fritture. C’erano poi le anfore per contenere olii, aceto, latte oppure pesce e carne in salamoia; le bilance a stadera con un solo braccio e l’attingitoio di liquidi; i catini, i colatoi, i colini, crateri vari, la grattuggia utilizzata soprattutto per i formaggi e i tartufi; i macinini e i mortai oltre a spiedi, cucchiai e forchettoni.
Tutto ci fa immaginare una cucina di grandi dimensioni ma così non era assolutamente perché le cucine romane, solitamente, erano posti angusti adiacenti alle latrine. Un controsenso dato che il cibo poteva essere fonte di ricchezza e motore di accordi politici e non solo per riempire la pancia. Eppure qui il concetto di cucina non ha valore ma rispecchia il valore sociale che si dava al “personale” della casa molto probabilmente.
La cucina romana utilizzava ingredienti che sono uguali ai nostri tranne per quelli ormai estinti. Il pepe, per esempio, arrivò a Roma intorno al 100 a.C e serviva per curare i dolori mestruali ed essere risolutivo dinanzi all’avvelenamento da cicuta. Il sale invece, era monopolio di Stato e ai tempi della Repubblica, distribuito pubblicamente; il levistico, oggi scomparso era una pianta simile al sedano; l’olio che era insufficiente già nel 50 a.C e veniva consumato soprattutto nel meridione mentre al nord si usava il lardo suino; lo zucchero era raro e proveniva dall’India mentre al suo posto compariva il miele ed il mosto, detto Sapa, che ancora oggi è possibile riottenere seguendo la ricetta tradizionale.
Insomma ieri come oggi il mondo della cucina sembra destare sempre di più curiosità e se lo si studia a fondo è possibile scoprire storie di cuochi e pentole, di risate, complotti e musiche. Profumi inebrianti di una cultura passata ma non dimenticata.
Scritto da Claudia Fanciullo
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Bibliografia
J.Andrè,L’alimentazione e la cucina nell’antica Roma, Leg.edizioni, 2016.
F.Introna (a cura di),Antica cucina romana,Rusconi ed.,2018.
A.Jori,Panem et circenses.Cibo,cultura e società nella Roma antica,Nuova Ipsa ed.,2016.
Gruppo Archeologico Ambrosiano (a cura di),Nutrire l’Impero romano.La filiera alimentare nell’antica Roma,gli approvviggionamenti,le ricette.,Ugo Mursia ed.,2016.
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