Diario di scavo: il vino

Miscela inebriante, conviviale e divertente. Un’ arma, insomma, da usare con cura.
Chi di noi non ha mai fatto questi pensieri? Sicuramente ne erano preda i nostri antenati. Da sempre il vino fa parte della ritualità umana del banchetto e della socialità.

Ma come facevano i nostri antenati a mescere, consumare e produrre il vino? E soprattutto quali tracce hanno lasciato questi antichi sul terreno: cosa ritroviamo noi archeologi?


Questi sono i pensieri che si formano nella mia mente mentre mi appresto ad un altra calda e umida
giornata di scavo. Sicuramente, mi dico, gli antichi hanno avuto molti modi per trasportare e bere vino e soprattutto erano cultori dei buoni prodotti.

Gli studi ci tramandano infatti che a Roma si bevesse solo vino dell’Etruria o della Spagna e anche quello proveniente dalla Grecia, era di buona qualità e molto apprezzato. Ma non dobbiamo pensare al sapore che conosciamo oggi. Il trattamento del vino era ben diverso: veniva sgrassato con il formaggio e con il miele o addirittura con la resina, utile alla sua conservazione, per renderlo quanto meno commestibile.
Se ne consumavano ingenti quantità, particolarmente durante i banchetti e mentre mi accingo a spalare mi tornano alla mente gli affreschi di una delle più famose tombe di Paestum, la tomba del Tuffatore.

Mi ricordo di un bel viaggio che ho fatto con gli amici e come ho osservato gli uomini che si dilettavano nel gioco del kottabos, bevendo vino conservato all’interno di crateri, grandi vasi decorati con scene mitologiche o di banchetto che non mancavano mai nelle dimore dei signori. Altre volte invece potevano servirsi di bacili in bronzo e raccoglievano il prezioso nettare con “un mestolino”, il simpulum.
Durante lo scavo ecco che sembra profilarsi sullo strato archeologico la forma ceramica di
un olpe, una specie di bricco, che serviva per versare i liquidi.
Ne scavo i contorni e la mia mente intraprende un lungo viaggio, indietro nei secoli. Mi immagino un banchetto con la musica dei liuti e dei tamburelli, le donne, le etere, prostitute, che
intrattengono gli ospiti, sento il profumo del miele che si unisce al vino e immagino gli uomini d’Etruria intenti a consumare un pasto.
Mi rendo conto che il cibo, così come la guerra, è la parte principale della vita di un nobile
signore d’Etruria. E se ben ci penso non mi stupisco di come gli oggetti da banchetto, crateri, piatti,
brocche, ciotole, sono spesso deposte insieme ai defunti. Cibo e armi. Questi sono i corredi funerari che spesso ci troviamo davanti durante uno scavo.
Se, come si dice, le grandi decisioni si prendono di fronte al cibo, beh gli antichi erano maestri della
tavola. Nessuno era escluso dal pasto: nemmeno gli dei. Per loro venivano celebrate libagioni e sacrifici, ma la primizia era sempre il prodotto dell’uva: il vino.
La coltivazione della vite è antica quasi quanto l’uomo e in Grecia era largamente diffusa, tanto che gli ecisti, ossia i fondatori delle colonie che se ne andavano lontani dalla madrepatria, si dice portassero con sé un tralcio da piantare nella nuova terra conquistata. Recenti studi hanno dimostrato come i genomi degli antichi vitigni siano ancora presenti nelle nostre piante di vite, specie nella vite selvatica che cresce libera nelle nostre campagne.


Molti sono i rimandi dal punto di vista materiale, specie nel vasellame proveniente dalla Grecia, a Dioniso, l’ebbro dio del vino e alle sue baccanti, che in preda agli effluvi del nettare compivano orgiastiche e sfrenate danze.

Sono spesso rappresentate, insieme ai satiri, sulle kylix, coppe per bere, che sono l’emblema stesso del banchetto.
Ad oggi uno dei vini più apprezzati in Grecia è il vino Retsina, ottenuto con la resina
alla maniera degli antichi.

Quante cose che ho pensato mentre sono intenta ad estrarre quest’olpe dal terreno. Non è ben conservata ma non importa. Vedo che vicino sono deposti dei piatti e alcuni contenitori per vivande varie, le olle e semplicemente mi vien da pensare che, forse, su nostro sito archeologico qualcuno, più di mille anni fa abbia consumato un banchetto. In fondo questo è quello che facciamo: far tornare al presente qualcosa che altrimenti andrebbe perduto nelle maglie del tempo.


È quasi finita la giornata, il sole è calato, i miei compagni di scavo stanno rimettendo gli strumenti al loro posto.
Quanti pensieri oggi, forse troppi. La giornata di scavo volge al termine. Ora è il momento di rilassarsi,
sì…ma con una bella birra!

Bibliografia

F. Delpino 2012, Viticoltura, produzione e consumo del vino nell’Etruria protostorica.

A. Ciacci, P. Rendini, A. Zifferero 2012, Archeologia della vite e del vino in Toscana e nel Lazio: dalle tecniche dell’indagine archeologica alla biologia molecolare.

F. Paoletti 2000, Il vino in Etruria

F. Delpino 1997, I Greci in Etruria prima della colonizzazione euboica: ancora su crateri, vino, vite e pennati nell’Italia Centrale.