
Presso gli Etruschi vengono apparecchiate mense sontuose due volte al giorno con tappeti variopinti e coppe d’argento di ogni specie ed è presente una folla di servi bellissimi,ad ogni di vesti preziose.
Ateneo cita ne, I sofisti a banchetto IV, 153c, il filoso greco Posidonio di Apamea, che aveva viaggiato in Occidente intorno all’anno 100 a. C.
Diodoro Siculo riprende il tema evidenziando, a suo modo, la ricchezza e l’abbondanza di risorse degli Etruschi. Potevano essere queste le cause del decadimento di questa popolazione? Non possiamo affermarlo con certezza però possiamo provare a capire come alcuni atteggiamenti, tradizioni di opulenza, fossero ben diverse da altre culture. Per i Greci, per esempio, la cena era il pasto più importante e la stessa cosa pensavano i Romani, dato che colazione e pranzo si svolgevano in modo molto fugace. Le donne, poi, non erano apprezzate a livello sociale ed era per questo che non potevano partecipare ai banchetti, ma per gli Etruschi non era affatto così. Questo popolo si è distinto anche a livello culturale perché quest’ultime potevano addirittura coricarsi sotto lo stesso mantello degli uomini ed è Teopompo, scrittore del V secolo a.C ad affermarlo (Ateneo, XII, 517d). La fertilità dei terreni era una risorsa per Roma, per quello che concerne l’approvvigionamento del frumento destinato al vettovagliamento dell’esercito.
In effetti fonti come Varrone (De re rustica I, 44, 1) e Plinio (Storia Naturale XVIII, 48-50) ci confermano che le colture migliori erano il grano, l’orzo , il farro, il miglio, il panìco, il sesamo, le fave, i ceci, i piselli e le lenticchie.
Con le farine ricavate si potevano creare dei piatti semiliquidi come la puls preparata con acqua e latte, una sorta di polenta, a Chiusi veniva chiamata clusina puls,come ci racconta Marziale nei suoi Epigrammi XIII, 8. Con i legumi si cucinavano zuppe e focacce. Dagli olivi si riceveva, oltre all’olio, olive fresche o in salamoia. Allo stesso modo per la vite dalla quale si ricavava il vino.
L’allevamento era incentrato per lo più sul maiale, come ci racconta Polibio nelle sue Storie (XII 4), per quello che riguarda la produzione di carne, mentre ovini e caprini erano destinati alla produzione di lana, latte, formaggi. I bovini servivano per il lavoro nei campi. La carne veniva cotta in calderoni di bronzo o sulla graticola della griglia oppure sugli spiedi.
Tutto il vasellame da simposio è largamente documentato nei corredi funerari e gli affreschi dipinti sulla tomba Golini I di Orvieto (in copertina), mostrano le varie fasi di preparazione dei cibi da banchetto, gli utensili da cucina, il vasellame da fuoco e da tavola. Un servo taglia la carne a pezzi, un altro mette la pentola sul fuoco mentre ancora un altro servo usa un pestello per triturare le erbe e le spezie.
Approfondiremo questo argomento con studi specifici su testimonianze archeologiche nei prossimi articoli aprendo questa sezione nel migliore dei modi.
Claudia Fanciullo
Per la bibliografia potete consultare:
Sassatelli, L’alimentazione degli Etruschi, in J-L Flandrin, M. Montanari ( a cura di), Storia dell’alimentazione” Bari1997, pp.135 -144;
Sassatelli, Cibo, alimentazione e banchetto presso gli Etruschi, in AA.VV., “L’alimentazione nell’antichità (atti del convegno, Parma, 2-3maggio 1985), Parma 1985, pp. 209-236.
Per altre pubblicazioni più recenti consultate :
Adria, AA.VV., Cibi e bevande nel Veneto antico (Catalogo della Mostra, Adria, Museo Archeologico Nazionale, 26 settembre 2004), Adria 2004.
L. Brecciaroli Taborelli (a cura di), Antichi sapori. produzione e consumo di alimenti in Piemonte tra protostoria, romanità e medioevo (Catalogo della mostra), Torino 2005.
G.De Marinis (a cura di), Cibo e sapori nelle Marche antiche (Catalogo della mostra, Macerata 2005), Macerata 2005.
M.Menotti 2005 (a cura di), Cibo: vita e cultura nelle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Mantova, Mantova 2005.
G.Camporeale, Vita privata, in AA.VV., Rasenna. Storia e civiltà degli Etruschi, Milano 1986, pp.239-308.