
Cuoco! Che bella parola! Cuoco…
Diceva Totó, noto attore simbolo di Napoli.
Nel Settecento Napoli divenne capitale europea e centro vivace di cultura. Maria Carolina d’Asburgo giunse a Napoli nel 1768 come sposa di Ferdinando IV. La donna ha un carattere difficile e non ama la cucina napoletana ma è più sofisticata e adora i cuochi francesi. Il re non era d’accordo ma non poté far nulla quando la città fu invasa da cuochi francesi, i monsù o monzù.
Era un titolo di rispetto, avevano un ottimo salario e gestivano una brigata. Creavano dei piatti davvero complessi e il più delle volte utilizzavano le materie prime del luogo e delle dispense di palazzo. Le ricette che noi conosciamo oggi derivano spesso anche da queste storie e ne conservano il nome.
È il caso del gattò di patate. Il nome al piatto venne dato riprendendo il termine francese “gâteau”, usato per riferirsi a qualsiasi torta dolce o salata, e “adattandolo” al dialetto napoletano. Tuttavia, a differenza del “gâteau” francese, con “gattò” si intende solo e soltanto lo sformato di patate salato. Tra i piatti più noti di Francia, il gâteau era tipica della zona di Allier, nella Valle della Loira.
All’inizio era preparato solo con pochi ingredienti: patate, sale, pepe, uova, burro. Successivamente furono aggiunti i salumi.

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