Dimmi che pane mangi e ti dirò chi sei

Foto di Notizie di gusto.

Quando parliamo di pane lo facciamo con la consapevolezza che sia un alimento accessibile a tutti. Questo era vero solo in parte perché esistevano tante tipologie di pani e variavano in base alla posizione sociale, al tipo di grano e alla conservazione.

Esisteva un pane di qualità superiore detto Panis e Polline, Panis e Flore, ed uno di qualità media, il Panis e Similagine o Panis et Simila.

Parliamo di pane di grano tenero, il siligo, spesso confuso con il pane superiore a causa della percentuale di farina che poteva variare dal quinto alla metà della proporzione, come ci racconta Plinio (18,87).

Ma quando si lavorava la farina e la si privava della crusca, nasceva il pane bianco o candidus. Ce ne parlano ancora una volta Plinio ma anche Petronio e Quintiliano nei loro testi.

Questo pane era il più raffinato rispetto al Panis Secundarius o Secundus o Sequens, fatto con farina di terza qualità ma che piaceva tanto all’imperatore Augusto.

Ma cosa mangiava la gente comune, il popolano? Ecco spuntare delle testimonianze relative al Panis Cibarius o Plebeius, il famoso “pane nero” citato da Seneca nelle Epistole (119,3).

Eppure una buona parte di questi pani era amata anche dai ricchi pur essendo di bassa qualità perché evidentemente conservava delle proprietà curative. Trimalcione, noto per i suoi opulenti eventi gastronomici, amava il Panis Autopyrus ossia non setacciato, un insieme di fibre con effetto lassativo e rinforzante. Forse era d’aiuto per la digestione? Probabilmente era così.

I poveri della società mangiavano il pane che solitamente si dava in pasto ai cani, il Panis Furfureus, poco lavorato e a volte troppo cotto o troppo poco cotto. Giovenale (5,11), Plauto (cas, 309) e Isidoro (oraz. 20,2,15) ce lo narrano spesso.

Oggi l’abitudine di mangiare il pane fresco sembra essere stata messa da parte a favore delle fibre regalateci dal pane integrale. Trimalcione aveva ragione?

Dottoressa Claudia Fanciullo

Bibliografia

Celso, 2,18,4.

Plinio, 18,87.

Geoponiche 20, 41.

Orazio, Epist, 2,1,123.

Seneca, Epist, 119,3.

J. André, L’alimentazione e la cucina nell’Antica Roma, Bus ed.

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