I palmenti della Valmarecchia: tesori inespressi

La Valmarecchia una valle incantevole che sorprende per il suo meraviglioso paesaggio e per la storia che si respira nell’osservare le diverse roccaforti Malatestiane, poste sulle cime di imponenti speroni rocciosi. Solcata dal fiume Marecchia, partendo da Rimini, attraverso Santarcangelo, Verucchio, San Leo e Casteldelci, la valle si arrampica fino alla Toscana e le Marche, offrendo numerosi punti di interesse: da quelli storici a quello naturalistici; da quelli archeologici a quelli gastronomici.

Tra le numerose peculiarità che contraddistinguono la valle, ve ne sono alcune che seppur poco conosciute, suscitano grande interesse e curiosità, sia per gli abitanti che per i turisti più intraprendenti. Nell’ambiente in gran parte boschivo che ricopre l’area dell’alta Valmarecchia, da San Marino fino a Badia Tedalda, può capitare di imbattersi in quelle che localmente sono note come “Are sacrificali”. A volte lontano dai centri abitati, all’interno di un bosco, è possibile scorgere grandi massi rocciosi scavati in superficie, con una o più escavazioni, di diverse dimensioni e forme, che formano delle grandi vasche scavate dagli uomini antichi nella roccia. Di epoca incerta, ma di probabili origini pre-protostoriche, le vasche rupestri hanno avuto, nel corso della loro storia, diverse funzioni: a cominciare da quelli rituali-sacrificali, per riti propiziatori, per arrivare a quelli produttivi, sviluppatesi maggiormente in epoca romana e legate a diversi tipi di lavorazione, come la concia delle pelli, la depurazione dell’argilla, la produzione della calce, ecc.

In Italia (e non solo) sono numerose le vasche rupestri, del tutto simili a quelle marecchiesi, che in base a studi e ricerche sono state definite col termine di “Palmenti”: strutture in roccia (o muratura) volte alla pigiatura dell’uva, per la produzione del vino; oppure per la pigiatura delle olive, per la produzione dell’olio. Il tipico palmento è costituito da due vasche comunicanti tramite foro o scolo; una vasca più grande posta più in alto, a volte dotata di un torchio di legno, in cui avveniva la pigiatura, per produrre il mosto che confluiva nella vasca più piccola, posta ad un livello inferiore, dove veniva raccolto. Gli esempi più emblematici tra le numerose vasche rupestri, o palmenti, della Valmarecchia sono a Torricella, nel comune di Novafeltria, a Montefotogno, nel comune di San Leo e a Pennabilli. Tutte e tre le strutture, seppur di forme e dimensioni differenti, sono caratterizzate dalle due vasche, una più grande in alto e una più piccola in basso, comunicanti tra loro tramite un foro scavato nella roccia, che permettere il deflusso dei liquidi tra le due escavazioni. Le altre numerose strutture marecchiesi, costituite anche da una sola escavazione, sono sparse in tutta l’area dell’alta valmarecchia, a volte in luoghi nascosti e suggestivi, alcuni anche non facilmente raggiungibili; ma forse è proprio questo che rende i palmenti, o are sacrificali, così affascinanti; il loro mistero e l’alone mistico che li avvolge, ereditato da epoche antiche, le rendono una delle più interessanti, nonché poco conosciute attrazioni della Valmarecchia.

Dott. Massimiliano Battistini di Treknauti in esclusiva per ArkeoGustus

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