“Il vino meraviglioso speziato”

Consultando vari testi di storia della gastronomia e di archeologia del cibo non potevo non soffermarmi su un argomento che molte volte viene travisato dalla superficialità. Lavorare sugli studi di gastronomia antica presuppone una formazione accademica adeguata ed un corso di cucina professionale, invece si incappa nell’errore che pur di aver consensi ci si inventa le ricette.

Il vino è un argomento spesso sfruttato in malo modo. Quindi vorrei parlarvi davvero di come si preparava il vino in passato. La mia è una raccolta di fonti specifica che vi citerò a fine testo così da poterne verificare l’autenticità.

Comincerò dalla Roma antica fino ad andare a ritroso nel tempo, con articoli successivi (non voglio svelarvi tutto in una volta!).

Catone, Varrone e Columella ci offrono una ricca serie di informazioni riguardo alla pratica della viticoltura, ma è nei lavori di Strabone (63 a.C-21 d.C), oltre a Plinio, che troviamo il resoconto più completo (Geoghraphia).

I romani facevano largo uso di mosti concentrati per ebollizione che prendevano vari nomi come, ad esempio, Defratum, Caroenum, Sapa, a seconda del vario grado di concentrazione.

Spesso ai mosti aggiungevano altri ingredienti ed il risultato erano i vini detti Vini Fictitia o aromatizzati, usati per scopi terapeutici. Erano a bassissima gradazione alcolica, facili ad inacidirsi, mentre quelli di lusso erano cotti e invecchiati anche decine di anni e per questo che, essendo troppo forti, normalmente venivano mescolati per metà da acqua.

Oggi però voglio focalizzare la vostra attenzione sul vino speziato di Apicio. Questa ricetta rivela la sua origine greca dall’aggettivo “paradoxum“.

Nonostante l’impiego già notevole di pepe (109 g.) questo vino è dolce perché a fronte dei 9/10 l. di vino si utilizzano ben 5 kg. di miele. La presenza dei noccioli di dattero resi polvere al mortaio, conferisce al vino anche delle proprietà terapeutiche per la gola e per gli occhi(collirio). Lo stesso vino può essere modificato solo con il miele se è per i viaggiatori, quindi più leggero e meno speziato. Necessita sempre di bollitura per la preparazione. NON CI VUOLE NÉ LO ZENZERO, NÉ I CHIODI DI GAROFANO, NÉ LA CANNELLA nel vino(come ho visto fare), perché altrimenti parleremmo di IPPOCRASSO ed è Medievale. Il vino si filtra sempre prima di berlo…Non lo bevevano a pezzi…. Poteva essere aromatizzato allo zafferano, ai legni aromatici, pepe e noci di dattero.

Qui di seguito però vi descrivo la ricetta del vino alle rose e alle viole di Apicio (Libro I ricetta n. 3).

Prendere una bella manciata di petali di rosa edibili, creare con un filo una sorta di collana, oppure mettere i petali in una tasca di tessuto di lino. Immergerli in un vino bianco leggero e lasciarli in infusione per una settimana. Dopo sette giorni ripetere l’operazione con dei petali nuovi per un’altra settimana. Ripetere per 3 settimane complessive. Filtrare il vino e aggiungere del miele. Per il vino alle viole seguire lo stesso procedimento.

Il colore risulta essere intenso dai coloranti naturali delle rose, la freschezza e l’acidità del vino bianco, combinate con il dosaggio dei petali conferisce a questa bevanda, delicatezza floreale ed un gusto leggermente tannico che richiama i sapori antichi ormai perduti. Ottimo come aperitivo che come fine pasto perché allevia i disturbi gastrici e favorisce la digestione. Bevuto fresco è dissetante.

Dalle foto potete farvi un’idea del Rosatum.

Si ringrazia la collaborazione con il Liquorificio Albimonte a Saludecio di Romagna.

BIBLIOGRAFIA ESATTA: Apicio, L’arte culinaria, Bompiani ed., 1990; A. Antonaros, La grande storia del vino, Pendragon ed., Bologna; F. Introna, Apicio, Antica cucina romana, ed. Rusconi libri; C. Vesco, Apicio, La cucina dell’antica Roma, Newton ed; C. Vesco, L’arte della cucina, Scipioni ed;G. Baseggio, Celio Apicio, Antonelli ed, Venezia, 1852.

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